jueves, 1 de julio de 2010

























































































Il saluto del funambolo


Il funambolo, dopo l’ingresso sul filo, si ferma nel bel mezzo e s’inginocchia. Stacca una mano dal bilanciere.
Il saluto del funambolo è una dichiarazione.
Di potenza e di trionfo.

Egli getta il suo pugno in faccia ai venti.
Ma al culmine del gesto il pugno si apre, la mano raccoglie la risposta, il funambolo la legge in ginnochio.
Notizie di morte o promesse di gioie, in mezzo al cavo egli non lascia trasparire nulla di ciò che sa.

Dopo il tempo di corda, il saluto è il primo esercizio che un funambolo deve imparare.
C’è il saluto in piedi, in ginocchio e seduto.




















































La ricerca dell’immobilita


È il mistero della danza sulla corda. La linfa.
Poco importa il tempo necessario per raggiungerla.
Dovrei dire per avvicinarla?

Per avvicinarla il funambulo si fa alchimista. Rinnova il suo tentativo lungo tutto il filo senza mai inventare il Regno dell’immobile dove le braccia sembrano pendere, inutili, lungo un corpo che pesa dieci volte il suo peso.
Il sapore d’un secondo d’immobilita – se il filo ve lo concede – è una felicità intima.

(...)

Controllate il respiro durante il percorso, continuate fino a farlo scomparire attraverso l’estremità del filo, così come era venuto.

La respirazione si farà lenta, distesa, lunga come un filo.
Diventerete corpo unico con l’installazione, solidi come una roccia.
Ci si sentirà oggetto d’equilibrio. Si diventerà il cavo.
A chi ha costruito quest’equilibrio senza difetto, fragile, fugace, sembrerà di possedere la densità del granito.

Se nessun pensiero venisse a turbare questo miracolo, durerebbe in eterno. Ma l’uomo, che si meraviglia di tutto e di se stesso, ben presto si smarrisce.






















Extractos de "Trattato di funambolismo - Philippe Petit" (Ed. Ponte alle grazie 1999)

No hay comentarios: